Dalla preistoria fino ai giorni d’oggi l’ocra ha avuto un carattere multifunzionale, assumendo molte volte un valore simbolico-magico.
Fig. 1 - Ocra rossa (da http://www.kremer-pigmente.com).
Nel Paleolitico l’utilizzo dell’ocra non era univoco: venne impiegata sia come colore nelle pitture rupestri sia nell’ambito dei rituali funerari.
Nel rituale funerario l’ocra poteva essere utilizzata seguendo due differenti tecniche, o ricoprendo tutto il corpo del defunto con uno strato spesso fino a 5 cm o aspettando che il defunto si scheletrizzasse per poi spargere l’ocra sulle ossa. Sembrerebbe che il colore rosso, in questi contesti, potesse simboleggiare la rinascita /fertilità.
Questo rituale accomuna i luoghi di deposizione del Paleo-Mesolitico siciliano e coeve sepolture presenti in tutta Europa.
In Sicilia tracce di ocra sono state rinvenute nella Grotta d’Oriente nel Trapanese e nella grotta di S. Teodoro, nel Messinese, le cui sepolture sono datate al paleolitico. Appartiene invece al periodo del rame la necropoli di Piano Vento (AG).
Fig.2 Necropoli di Piano Vento, Agrigento. Tracce di ocra su un cranio, tomba 10
A proposito di grotte, queste furono anche luoghi in cui le comunità preistoriche espressero una complessità di pensiero (che evidentemente era già una caratteristica umana allora) attraverso raffigurazioni rupestri simboliche: figure di animali (come cervi, buoi, cavalli e tori) e uomini. Le pitture rupestri conosciute oggi in Sicilia si trovano nella parte nord-occidentale dell’isola, tra Palermo e Trapani. In alcune di esse è stata rinvenuta l’ocra usata come pigmento colorante.
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Fig 3. Riparo Cassataro, Centuripe (EN). Figure umane dipinte in ocra rossa
(http://www.siciliafotografica.it/gallery/index.php?/category/515)
In contesti etnografici moderni diverse tribù continuano a utilizzare l’ocra in diversi modi: come medicine o per tatuarsi il corpo.
Nel nord-ovest dall'Australia la tribù Gugadja usava un composto di foglie schiacciate miste con l’ocra, usata per coprire le ferite e quindi cauterizzarle, per ustioni o ulcere.
Non sono da sottovalutare le proprietà antibatteriche e disinfettanti conferite all’ocra rossa, tanto che numerose medicine antiche (egizia, sanscrita) e tradizionali (cinese) hanno indicato questo pigmento minerale come la cura per arrestare emorragie, curare infezioni agli occhi, febbri, vertigini, problemi allo stomaco.
Un altro uso è come colorante per il corpo. Questa pratica è ampiamente documentata, anche se è molto complicato nella documentazione archeologica scoprire l'origine di tali pratiche. Le tribù di Ndembu africani, aborigeni o anche casi di popoli non cacciatori-raccoglitori, come gli Ebrei Yemeniti, o Mari Baluch, ricorrono a questa sostanza per la decorazione del corpo. Questa pratica, che consiste in un vero e proprio rituale, sembra essere legata all’aspetto simbolico della fertilità, o per indicare lo status della persona (ad esempio come guerriero o capo tribù).
L’ocra come si è potuto vedere non è mai stata considerata come semplice terra colorata, ma dal Paleolitico ad oggi questa “terra rossa” ha assunto una valenza simbolica ma soprattutto magica. Le venivano attribuiti, infatti, svariati poteri, come quello di trasmettere saggezza ai capi, fertilità alle donne e coraggio ai guerrieri e come una pozione magica che guarisse dai malesseri. Ma tu la useresti per il mal di testa?
Fig. 4 le donne Masai si spalmano ogni giorno di ocra
Nel 1937 il direttore Ramiro Fabiani incaricò Giuseppe Bonafede di effettuare una campagna di scavo nella Grotta di San Teodoro (comune di Acquedolci, ME).
Questa grotta era stata originariamente scoperta ed indagata nel XIX secolo ad opera del barone e paletnologo Francesco Anca di Mangalavite che rinvenne al suo interno dei resti ossei di mammiferi e alcuni manufatti litici. Da ciò scaturì il pensiero di una frequentazione costante della grotta durante l’Epigravettiano finale (14.000-10.000 anni fa).
Nella campagna di scavo del 1937 fu rinvenuto uno scheletro quasi completo di un individuo femminile al quale è stato attribuito il nome di Thea.
Fig 1. Scheletro di Thea (S1) (da www.facebook.com/museo.gemmellaro)
Questo ha restituito alcune importanti testimonianze: la donna era vissuta nella Sicilia paleolitica in un periodo non chiaro ma databile a 14.000-11.000 anni fa (Paleolitico superiore). Possedeva dei lineamenti molto marcati per via del volto oblungo e della mandibola accentuata, era alta 1.65m ed aveva circa una trentina d’anni.
Il teschio, elemento chiave per lo studio e la ricostruzione dello scheletro da parte degli specialisti del Museo naturalistico Gemmellaro di Palermo, è costituito da una dentatura quasi perfetta. Ciò suggerisce che Thea fosse priva di problemi masticatori e di alimentazione.
Anche l’analisi delle ossa restituì risultati positivi: queste si presentano integre e prive di logorii, quindi in vita non erano state soggette a particolari carichi di lavoro.
Dentatura ed ossa confermano che il soggetto in questione apparteneva ad un ceto elevato e che, quindi, si tratti di una sacerdotessa o una di una principessa preistorica.
Un ultimo dato riguarda anche le circostanze della sua morte avvenuta, probabilmente, per complicazioni legate al secondo parto.
In seguito a questo rinvenimento furono effettuate altre campagne di scavo fino al 1947. Al di sotto di un primo strato di terriccio sterile ed un secondo di materiale organico (avanzi di cibo, carbone e selce) furono riportati alla luce altri 6 individui, dei quali erano presenti soltanto i crani e, talvolta, pochi resti ossei (articolazioni in genere).
Dopo ulteriori indagini si scoprì che i 6 individui, tutti adulti, fossero 4 di sesso maschile e 2 di sesso femminile.
I 7 rinvenimenti scheletrici costituiscono dunque un unicum, poiché finora sono la prima ed esclusiva testimonianza di sepolture paleolitiche presenti in Sicilia.
A proposito del rito di inumazione, P. Graziosi scrisse che l’interramento del cadavere avveniva all’interno di una fossa poco profonda creata nel suolo vergine della caverna o negli avvallamenti, in posizione distesa, supina o sul fianco sinistro (come nel caso di Thea).
Le braccia correvano lungo i fianchi. I corpi potevano essere deposti insieme ad ossa animali e ciottoli e ornati da collane di denti di animali, che di fatto ne costituivano il corredo funerario.
Una volta ultimata la fossa, al di sopra di questa veniva sparso un sottile strato di ocra.
Figura 2. Stratigrafia e rinvenimenti ossei della Grotta di San Teodoro (da http://sottolapietra.blogspot.com/)
A partire dal 2007 furono destinati nuovi spazi all’interno del Museo Gemmellaro per accogliere i resti provenienti dalla Grotta di San Teodoro. In particolare, all’interno di una teca di plexiglas è custodito lo scheletro di Thea, con accanto il teschio maschile (S2) rinvenuto nella stessa grotta. Nella stessa sala a grandezza naturale viene riproposta una scena di vita quotidiana che coinvolge un uomo e una donna preistorica all’interno di una grotta.
Figura 3. Riproduzione della vita in una grotta, Museo Gemmellaro (da www.facebook.com/museo.gemmellaro)
Adoperando un sistema di ricostruzione derivante dall’antropologia forense è stato possibile per un team di specialisti ricostruire il volto di Thea in alcuni passaggi:
- Tac sui reperti ossei
- Calco in gesso del teschio
- Determinazione delle fasce muscolari per l’individuazione degli spessori del volto
- Modellazione del volto con l’argilla
- Rifiniture ulteriori e colorazione finale
Thea, definita ormai la principessa preistorica siciliana, ha avuto in questo modo il suo volto distillato in un aspetto piuttosto scimmiesco e, naturalmente, ben lontano dai moderni canoni di bellezza. Ma questo ovviamente non toglie nulla alla bravura realizzativa degli esperti ed anzi mette in luce delle comparazioni morfologiche (tra passato e presente) che tutti, studiosi e non, possono cogliere ad occhio nudo.
Fig.4 Il volto di Thea (da www.facebook.com/museo.gemmellaro)
La triscele dal greco antico τρισκελής (“che ha tre gambe”), fu utilizzata simbolicamente a partire dal mondo vicino-orientale per indicare la luna, il sole o più genericamente il moto degli astri.
Nell’arte greca la rappresentazione della triscele consisteva in una figura con al centro una testa femminile o gorgòneion (dalla testa di Medusa) dalla quale si dipartivano tre gambe con i piedi rivolti nello stesso senso.
Dalla triscele deriva Trinakìa o Trinakrìa, il nome col quale i Greci designarono l’isola di Sicilia formata da tre alti promontori: Capo Peloro (Messina), Capo Passero (Portopalo) e Capo Lilibeo (Marsala).
La triscele divenne anche un importante simbolo monetale e fu utilizzata da Fliunte, Egina, Milo e Derrones tra il VI e il V secolo a.C. e poi da Ierapitna e dalla confederazione licia nel IV secolo a.C.
Sempre nel IV secolo a.C., nel periodo pre-agatocleo (317-310 a.C.), anche Siracusa coniò le prime monete con la rappresentazione della triscele con il gorgòneion al centro. Fu poi, a partire dal periodo romano, che questa si affermò come simbolo rappresentativo della Sicilia, come si evince anche dalle emissioni monetali di Agrigento e Panormo.
La triscele o triskell fu anche uno dei più importanti simboli celtici, nella variante spiralata: rappresentava la triplice manifestazione del Dio Unico (forza, saggezza ed amore).
A partire dal 1072, in seguito alla conquista normanna della Sicilia, la triscele fu esportata e adottata sulla bandiera dell’isola di Man.
Nel 1282 durante il periodo della “Rivolta dei Vespri” la triscele fa la sua comparsa sulla bandiera siciliana, ma con i colori giallo e rosso invertiti: questi prendevano ispirazione dalla precedente bandiera del Regno di Sicilia e dai colori della città di Palermo, centro focale della rivolta contro gli Angioini.
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Vespro_flag.svg
Solo più recentemente, nel 2000, la Regione Sicilia la riconobbe come bandiera ufficiale: i colori giallo e rosso sullo sfondo, con il giallo e le tre spighe di grano che si ricollegano alla fertilità della terra e del sole che splende sull’isola e il rosso che richiama il sangue versato dai siciliani durante i Vespri.
I fiumi attraggono i popoli da sempre, poiché sono fonte di vita da ogni punto di vista.
I fiumi hanno visto nascere grandi civiltà e hanno fatto parte del loro sviluppo.
I fiumi hanno raggiunto percorsi straordinari grazie ai popoli che hanno saputo farne buon uso.
A Catania tutto questo è stato rappresentato dal fiume Amenano, che, a partire dal periodo medievale e fino al XIX secolo, assunse il nome di Judicello, poiché attraversava il quartiere ebraico della Giudecca.
Oggi l’Amenano è un corso d’acqua di natura sotterranea e, con la nostra visita della città, abbiamo avuto l’occasione di osservarlo presso Piazza Duomo.
Ma sapevate che i punti in cui è visibile oggi sono molteplici? Ecco i principali.
Di fronte alle terme dell’Indirizzo si sviluppa uno dei trentasei canali che, precedentemente all’eruzione del 1669, si ricongiungeva al fiume. Il canale risulta attualmente percorribile con degli adeguati stivali per una decina di metri. Questo è uno dei tratti ancora visibili sotto Piazza Currò presso la cosiddetta “A putia dell’Ostello” (in foto il tratto visibile dalla cantina del locale). Diremmo a dir poco affascinante cenare mentre il fiume scorre accanto al fortunato avventore.
Se preferite, invece, vederlo alla luce del sole allora dovreste passeggiare all’interno del Giardino Pacini, nei pressi degli Archi della Marina: qui il tratto fluviale è visibile affacciandosi da una ringhiera.
Per una visione ancor più suggestiva suggeriamo, poi, la fontana di Piazza Duomo, uno dei punti in cui il fiume riaffiora in superficie.
La fontana venne realizzata nel 1867 da Tito Angelini utilizzando il marmo di Carrara. Essa è costituita da diverse sculture: in alto si trova un giovane con una cornucopia in mano che rappresenta la personificazione dello stesso fiume Amenano. Al di sotto si trova una vasca a forma di calice affiancata da due tritoni con cornucopia da cui fuoriesce l’acqua.
Ma anche dalla vasca l’acqua scorre, riversandosi nel fiume sottostante e producendo un effetto a cascata che ricorda un lenzuolo. Da qui deriva il nome datogli dai catanesi “acqua a linzolu” ovvero acqua a lenzuolo. Il nome potrebbe avere una duplice origine poiché era anche il punto del fiume in cui le donne andavano a lavare le lenzuola.
Da qui il fiume attraverso una serie di canali alimentava anche le Terme achilliane, oggi conservate sotto la Cattedrale della città. Anche lì sotto si sente lo scroscio dell’acqua in un’atmosfera alquanto poetica.
Passando all’aspetto più mitologico legato al fiume è bene sapere che per gli antichi greci le divinità fluviali, maschili e femminili, erano spesso personificate per essere meglio identificate. Come nel caso dell’Aretusa siracusana, anche l'Amenano quindi, in quanto divinità fluviale, veniva raffigurato sulle monete: era un bellissimo fanciullo oppure un toro androprosopo, ovvero con corpo taurino e volto umano. Lo si evince da numerose monete di V secolo a.C. con tali raffigurazioni.
Il nostro viaggio alla scoperta dell’Amenano finisce qui, ma speriamo di portarvi con noi lungo questo percorso che vi abbiamo raccontato oggi.
ACIREALE
- Mostra permanente delle Uniformi storiche
Sede: Palazzo municipale (XVIII sec.), piazza Duomo
Tel. 095/895256
Orario:
ANTIMERIDIANO: tutti i giorni, domenica compresa, dalle ore 9:00 alle ore 13:00
POMERIDIANO: Lunedì, Martedì, Giovedì, Venerdì e Sabato dalle ore 15:30 alle ore 19:30
Ingresso gratuito
- Mostra permanente dell'Opera dei Pupi
Sede: Teatro dell'Opera, via Alessi n. 5
Tel.095/7685611.
Orario:
ANTIMERIDIANO: tutti i giorni, domenica compresa, dalle ore 9:00 alle ore 13:00
POMERIDIANO: Lunedì, Martedì, Giovedì, Venerdì e Sabato dalle ore 15:30 alle ore 19:30
Ingresso gratuito
- Biblioteca e Pinacoteca Zelantea
Sede: Via Marchese di Sangiuliano, 17
Tel: 095/7634516
Orario invernale
Biblioteca: dal martedì al venerdì h. 10.00/13.00 - 15.30/18.30
sabato 10.00/13.00
Pinacoteca: 9.30/12.30 - 16.30/18.30
Orario Estivo
Martedì h. 10.00/13.00 - 15.30/18.30
dal mercoledì al sabato h. 10.00/13.00
Ingresso gratuito
- Santa Venera al Pozzo
Sede: Via Alimena, 7 - Acicatena
Attualmente chiuso al pubblico per lavori.
CATANIA
- Castello Ursino
Sede: Piazza Federico di Svevia, 1
Tel. 095 345830
Orario:
tutti i giorni ore 9.00 - 19.00
la biglietteria chiude alla 18.00
Biglietto: € 6,00 ridotto € 3,00; scolaresche € 2,00
- Cattedrale di Sant’Agata – Duomo
Sede: Piazza Duomo
Tel 095 320044
Orari:
da lunedì a sabato 7.00-12.00 e 16.00-19.00; domenica 7.30 -12.00 e 16.30-19.00
Ingresso gratuito
- Museo Diocesano
Sede: Piazza Duomo, Via Etnea, 8
Tel. 095 281635
Orari:
Da Lunedì a Venerdì ore 9.00 - 14.00
Martedì e Giovedì ore 15.00 - 18.00
Sabato ore 9.00 - 13.00
Domenica e Festivi su prenotazione
Biglietto: € 7,00; ridotto € 4,00
- Terme Achilliane
Sede: Piazza Duomo
Tel. 095 281635
Orari:
Da Lunedì a Venerdì ore 9.00 - 14.00
Martedì e Giovedì ore 15.00 - 18.00
Sabato ore 9.00 - 13.00
Domenica e Festivi su prenotazione
Biglietto: € 5,00; ridotto € 3,00
- Teatro Antico
Sede: Via Vittorio Emanuele, 262
Orari:
09,00-17,00 (chiusura biglietteria 16,30)
Biglietto: € 6,00; ridotto € 3,00
- Anfiteatro
Sede: Piazza Stesicoro
Orari:
Da Martedì a Sabato 09:00- 13:00 e 14:30 - 17:00
Domenica 09:00 - 13:00
Ingresso gratuito
- La Casa Museo di Giovanni Verga
Sede: Via Sant'Anna, 8
Orari:
dal lunedì al sabato 09.00-13.00 - 14.30-18.00
Biglietto: € 4,00; ridotto € 2,00
SIRACUSA
- Area Archeologica della Neapolis
Sede:
Orari:
Tutti i giorno 8.30 - 18.30 (chiusura biglietteria 17.00)
- Castello Eurialo
Sede:
Orari:
Giovedì 8.30 - 13.30 (chiusura biglietteria 13.00)
- Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi
Sede:
Orari:
Da martedì a sabato 9.00 - 19.00 (chiusura biglietteria 18.00)
Festivi 9.00 - 14.00