La chiesa di San Rocco di Acireale sorge nel 1526 vicino ad un lazzaretto, luogo di ricovero dei malati di peste. Venne costruita a seguito di una terribile epidemia che colpì la città e dedicata a San Rocco, il santo protettore di coloro che avevano la peste.
Nel corso del XVII secolo la chiesa venne riedificata, ampliata e abbellita e l’architetto Francesco Patanè ebbe l’incarico di disegnare il prospetto della chiesa, ultimato nel 1682 dal nipote, l’ingegnere Raffaele Patanè, che realizzò la caratteristica facciata concava in stile baroccheggiante.
L’interno della Chiesa, in stile neo-gotico, subì un completo rifacimento negli anni ’60 del Novecento con l’eliminazione delle volte quadripartite delle navate laterali per ricavare un’unica aula.
All’interno della chiesa, a destra, si trova la cappella dedicata a Santa Rita da Cascia che accoglie la statua lignea della santa realizzata all’inizio del XIX secolo.
All’interno della cappella, in una porzione di parete della vecchia chiesa, è presente un affresco che ritrae le “Anime del Purgatorio in preghiera davanti al Crocifisso”, un’opera di Matteo Ragonisi databile intorno alla seconda metà del 1600.
In chiesa a destra si trova esposta una tela seicentesca raffigurante San Rocco realizzata da Matteo Ragonisi, poi ritoccata da Matteo Desiderato nel XIX secolo.
La parete absidale è interamente occupata da un grande affresco con la raffigurazione di Gesù pescatore di uomini, realizzato dal pittore Roberto Rimini nella metà dal XX secolo.
La Chiesa ospita quattro candelore scolpite tra il’600 e ‘700 per le antiche corporazioni dei Calzolai, dei Muratori, dei Falegnami e dei Panettieri, dei Pescivendoli. Esse vengono portate in processione durante i festeggiamenti in onore di Santa Venera, Patrona della Città.
Scendendo verso il borgo di Santa Maria la Scala si incontra la Chiesa di Santa Maria della Neve, costruita all’interno di una grotta di scorrimento lavico naturale.
Qui nel 1741 il sacerdote Don Mariano Valerio insieme ai suoi confratelli, di ritorno da un pellegrinaggio, fu colto da un temporale e si rifugiò all’interno.
Gli venne, così, l’idea di realizzare un presepe riproducendo la grotta di Betlemme con pastori e animali.
I trentacinque personaggi sono stati realizzati con dei manichini in ferro, hanno dei volti in cera, le mani in legno e gli occhi di vetro. Indossano degli abiti tipici del settecento e ottocento siciliano. Sono tutti pastori e pescatori, infatti la grotta è arricchita da pesci, agrumi, frutta e anche le tradizionali zampogne siciliane.
Fino al 1984 veniva allestito soltanto durante il periodo natalizio dopodiché veniva smontato e riposto in sacrestia. Poi l’intervento della Soprintendenza lo rese una mostra permanente per limitarne i danni dal momento che erano già stati eseguiti diversi restauri.
Molti personaggi furoni aggiunti successivamente, ad esempio gli animali oppure i Magi che, originariamente, venivano ricavati da tre pastori, spogliati e rivestiti come ricchi sovrani dal 2 al 4 gennaio, periodo in cui il presepe restava chiuso.
Entrando all’interno della grotta il visitatore potrà incontrare la Madonna con il bambino e San Giuseppe, i Magi, Innaru, u picciruddu da rutta, u maravigghiatu, u ciaramiddaru, u picuraru, a Susanedda e l’angelo che annuncia la venuta del Bambinello.
All’interno della chiesa si conserva anche una tela raffigurante la Natività di Gesù Cristo del noto pittore siciliano Vito D’Anna e un Fonte Battesimale di notevole interesse artistico.
La Chiesa del Santissimo Salvatore fu edificata nel XVI secolo ed ampliata nel 1603.
Nel 1646 la città di Acireale fu colpita da un’epidemia di peste e la Chiesa fu destinata alla funzione di un lazzaretto. Dieci anni dopo essa fu dedicata al Monte Calvario ed ogni anno, nel giorno del Venerdì Santo, da qui ha inizio la processione del Cristo Morto.
Nel 1693 il terremoto della Val di Noto, colpì la struttura, senza tuttavia causare ingenti danni.
L’abside fu interamente affrescata nel 1721 da un artista ignoto, del quale ci rimangono solo le iniziali: “M.P”.
Nel 1921 l’edificio venne convertito in parrocchia e fu costruito l’oratorio.
All’interno della chiesa sono presenti alcune opere pregevoli, alcune delle quali furono ottenute tramite lascito.
Adornano la parte centrale della navata le tele di Alessandro Vasta, figlio del celebre Pietro Paolo Vasta e dell’artista acese Francesco Patanè .
Nell’abside, al centro dell’altare, è posto un pregevole crocifisso settecentesco in legno policromo. Al di sopra di questo viene rappresentata la scena dell’Ultima Cena, intrisa di mistero nella figura del Giuda: questo viene rappresentato ad un’altezza superiore a quella di Cristo ed indossa abiti spagnoleggianti, motivo per il quale si è dedotto che rappresenti in realtà un viceré spagnolo, la cui immagine venne deturpata nel viso in modo da renderlo irriconoscibile e dal tempo, dato che tutto il ciclo di affreschi rimase coperto dall’intonaco fino al 2017.
Al di sopra, sulla volta, vi è il richiamo al Calvario con la rappresentazione dei putti che sorreggono i simboli del martirio di Cristo.
Alla base dell’abside, infine, gli affreschi di qualità inferiore hanno fatto presupporre che essi furono realizzati dagli artisti associati alla bottega del maestro: nel tondo a sinistra vengono rappresentate le Nozze di Cana, a destra la Moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Nell’oratorio la rappresentazione più importante riguarda il soffitto: l’opera è di Paolo Leonardi Vigo e rappresenta La gloria di San Benedetto Labre.
La prima chiesetta intitolata a San Biagio venne edificata intorno al 1550 e affidata ai Frati Minori nel 1611. La chiesa attuale è d’impianto seicentesco e venne costruita dopo il terremoto del 1693.
La sobria facciata francescana risale alla fine dell’800 ed è opera dell’architetto Mariano Panebianco.
All’interno la chiesa presenta un’architettura ad una sola navata con una sorta di vestibolo delimitato da quattro colonne corinzie con funzione di sostegno del coro e dell’organo. La copertura seicentesca è invece a cassettoni.
Alle pareti figurano alcune tele di Alessandro Vasta, figlio del più famoso Pietropaolo, di Baldassarre Grasso e di Giacinto Platania. Inoltre, ornano la chiesa gli affreschi del pittore acese Giovanni Lo Coco. Al Platania appartiene la tela dell’Immacolata, che realizzata nel 1611 risulta essere la più antica rappresentazione dell’Immacolata presente ad Acireale. Lungo le pareti della chiesa, sopra gli altari, alternati alle finestre, si trovano degli affreschi rappresentanti santi monaci dell’ordine francescano.
Nel presbiterio è collocato l’altare maggiore di fattezze barocche, sormontato da una struttura lignea che racchiude la statua argentea dell’Immacolata, scolpita da un messinese ignoto seguace della scuola del Bernini. Nella volta si evidenzia il trittico realizzato da Giovanni Lo Coco rappresentante alcune sequenze su San Francesco d’Assisi.
Annesso alla chiesa si trova il convento francescano col chiostro. Di forma quadrata con portico ad archi, cinque per lato ed a centro l’antica cisterna per l’acqua, esso è affrescato con scene significative sulla vita e i miracoli del santo d’Assisi e sulla storia dell’ordine francescano, con ritratti di papi, cardinali, re e regine ad esso relativi.